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La chiesa di San Nicola

L’ex convento degli Agostiniani di Almenno è stato costruito per volontà espressa del popolo, in un “pubblico e generale Consiglio” tenuto il 29 ottobre 1486 dai rappresentanti delle Contrade di “Almenno di Sotto”, “Almenno Superiore” e “La Porta”. Tale volontà si era manifestata come voto e come segno di gratitudine nei confronti dell’Ordine degli Agostiniani del Convento di Bergamo, che aveva inviato durante i due anni precedenti, frate Alberto da Sarnico per sopperire in parte al vuoto lasciato tra il clero locale dalla peste del 1484-85 che, specie ad Almenno, fu causa accanita di molte perdite umane. Il convento doveva comprendere anche la chiesa che doveva essere dedicata a S. Maria della Consolazione e ai santi SS. Sebastiano e Rocco. La località prescelta era originariamente collocata all’interno del “Brugo” fortificato per ragioni di maggior sicurezza, ma Padre Pasquale Gazzaniga, considerato il fondatore del Convento, preferì una località esterna meglio esposta del territorio almennese e lungo un pendio “ubi dicitur Umbriana” in contrada “Porta” già da allora coltivata ad abbondante vigna.

La posa della prima pietra venne effettuata il 10 agosto del 1488 per mano di Padre Agostino da Crema, priore del Monastero di S. Agostino in Bergamo. Dopo solo due anni la costruzione risultava già in gran parte realizzata. La vita del Monastero fu sempre molto viva e al centro dell’attività religiosa di Almenno. I Padri Agostiniani dovevano godere molta stima e benevolenza se in pochi anni divennero, per lasciti e acquisti fatti con le elemosine, proprietari di gran parte del territorio comunale e di una ricchezza tanto cospicua da poter concedere prestiti anche al Convento di S. Agostino di Bergamo. Durante la peste del 1630-31 che falcidiò per quasi due terzi la popolazione, gli almennesi nutrirono grande devozione per S. Nicola da Tolentino al quale da allora venne dedicata la chiesa. Il convento di S. Nicola svolse la sua funzione di monastero fino al 1770, quando il Senato Veneto lo confiscò e lo vendette a privati.

La chiesa a pianta rettangolare è formata da un’unica ampia navata che si conclude in un ampio presbiterio. Le pareti laterali sono occupate nella parte bassa da una teoria di sei cappelle per lato, definite da altrettanti archi a tutto sesto e da volte di copertura; nella parte alta da un matroneo che si affaccia, tramite bifore ad arco a tutto sesto, sulla sottostante navata. La copertura è con tetto a capanno sorretto da robusti archi a sesto acuto, scanditi dal passo delle cappelle laterali e costituito nell’intradosso da un’ orditura in legno e formelle di cotto decorate a fresco, molto gustose e originali, anche se in gran parte alterate dall’azione corrosiva dell’umidità. Il parametro esterno in muratura di pietra rosa del Tornago, la copertura dei tetti in coppi, le dimensioni e i rapporti volumetrici, conferiscono a tutto il complesso, compreso il convento naturalmente, una notevole capacità di inserimento ambientale. E’ questo sicuramente un suggestivo quanto esemplare modello, tra i tanti dell’antichità, di connubio tra il costruito e il contesto. Il fronte principale della chiesa, un tempo intonacato, si erge come quinta anteposta all’edificio, fino a superarlo in altezza oltre il limite del tetto. Le due lunghe finestre laterali, il portale di ingresso cinquecentesco e il rosone al centro, le nicchie con le statue di S. Nicola, di S. Agostino e della Madonna, suggeriscono consistente riferimenti al fronte della chiesa di S. Agostino in Bergamo alta.

Le pareti interne quasi completamente rivestite di stucchi barocchi soprattutto nella parte bassa, tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII sec., sono state solo in parte recuperate allo stato d’origine, per consentire la lettura degli innumerevoli affreschi che le rivestono. La qualità degli stucchi, alcuni di Giovanni Sanz, e la loro azione corrosiva sugli affreschi, non hanno ancora consentito la messa in luce di tutto quanto è ricoperto in parte anche con la calce che in abbondanza venne stesa sulle pareti durante la peste del 1630. Gli interventi in affresco più cospicui e di maggior pregio sono quelli del bergamasco Antonio Boselli di S. Giovanni Bianco, del quale in particolare si ricordano: Lo sposalizio di S. Caterina nella terza cappella del lato di sinistra; La Madonna con il bambino e offerente (1518); S. Pietro in Cattedra eBattesimo di Gesù nella sesta cappella di sinistra. Si segnalano ancora di autori Lo sposalizio della Vergine (1537) nella quinta cappella di destra; gli affreschi della Sacrestia; scene della vita di S. Rocco e di S. Paolo, nella prima cappella di sinistra; nella quarta cappella di sinistra, dove è conservata l’effigie della Madonna del Buon Consiglio, gli affreschi del XVI sec. con La Madonna tra S. Sebastiano e S. Rocco, S. Antonio, Gli Evangelisti. Alcune tele di particolare valore completano infine il corredo iconografico della chiesa: L’Assunzione di Maria Vergine in cielo del Cifrondi, La Trinità (1517) di Andrea Previtali; la Sacra Famiglia del Bassano; S. Agostino e S. Tommaso da Villanova. Per ultime si richiamano le numerose pietre tombali a pavimento con i nomi delle persone sepolte e con decorazioni scultoree.